E' capitato per caso.
Mentre spostavo uno scatolone per caso mi ritrovo in mano un libro, una foto.
Tu lo guardi, un po’ perplesso, e sinceramente stupito.
Ricordo, ricordo perfettamente quando ho scattato la foto, ho preso il libro, ho comprato quell’affare lì.
Ma ora che te lo ritrovi fra le mani, pur sapendo che è tuo, l’oggetto, lo osservi come se non lo fosse, e non lo potesse mai essere stato: sembra una roba d’altri lasciata da chissà chi, un visitatore sconosciuto.
Qualcuno che era estraneo e certo era altro da te, faceva cose che tu non faresti oggi, e ti pare persino impossibile aver mai fatto, pensava cose che non penseresti ora, e ti sembra curioso e bizzarro aver pensato.
Perché questa idea che abbiamo una vita sola, e la memoria è il solo collante delle nostre esistenze, non è vera; ne abbiamo tante, di vite, che si aprono e si chiudono continuamente, e noi ogni volta ricominciamo da capo.
Facciamo la muta, come i serpenti: ogni tot anni, senza neppure accorgercene, perché è naturale.
Dimentichiamo un po’ di noi per continuare a vivere e inventarci diversi ogni volta, ogni stagione.
E quando ci torna in mano una traccia di quello che eravamo e non siamo più, è come se ci trovassimo di fronte all’improvviso reperti di antiche civiltà di cui tutti hanno perso memoria, persino noi che le abbiamo vissute.
Perché vivere è anche questo, cambiare, farsi scorrere addosso le cose come le gocce di pioggia sugli impermeabili: diventare estranei a noi stessi, a quello che eravamo, per stare bene con quello che siamo diventati.
E domani? Domani chissà.
Sapevatelo!
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