Raffele Lisco con un suo editoriale su GradoSpia, mi da occasione di ritornare su una parola che è usata ed abusata, quasi sempre con scopi reconditi o pseudo culturali:
La Graisanità.
Vediamo insieme qualche componente che io (Me) considero essenziale per fare parte intregrale della nostra piccola comunità Graisana.
Dice Lele:
Prendiamo la storia di uno a caso: il ragazzo diventa “fisso” nel 1970, dopo aver frequentato l’isola da sempre, nel periodo estivo.
Oggi, dopo 42 anni di “graisanità”( indeciso se domandare la grazia a Napolitano…), mi chiedo: posso considerarmi mamolo de Gravo o no?
La risposta non può che essere no. Per essere “indigeno” devi essere nato qui, frequentato le scuole,respirato e vissuto il periodo più importante della vita di un essere umano: l’infanzia e l’adolescenza.
Non è possibile sostituire esperienze vissute assieme ai compagni/e all’asilo, alle elementari o a cason piuttosto che in spiaggia.
Specialmente quando tutto questo è “tuo”.
Bhe! manca qualcosa ancora per giustificare quel no che è l' essenza del discorso di appartenenza alla Graisanità.
De cu tu son figio è la domanda del test iniziale per l' accettazione dei locali, se il pedigree non è perfetto, con mamme e nonni al punto giusto, sei fuori.
Al Dito se non hai un soprannome locale che possa ricostruire e collocare in un preciso contesto temporale e locale la tua famiglia, sei fuori.
Al Dialeto deve essere puro e duro, senza doppie che storpierebbero la parlata, dunque se sei istruito quel tanto da aver preso la cattiva abitudine ad una parlata in lingua corretta, sei fuori.
Al Gnanche pel cul, qui non si transige, non ce nessun altro al di fuori di ME, se cominci a fare discorsi filosofici o etici di coinvolgimento generale, di socialità a un Graisan, sei fuori.
La visione del futuro ristretta, il campo ha bisogno di spiegazioni:
è necessario, per gente che è sempre stata dalla parte del torto, solo perchè i posti dalla parte della ragione erano già tutti occupati dai cosiddetti foresti con le loro verità inattaccabili, chiudersi a riccio a guardare con diffidenza le novità.
Potremmo sicuramente cambiare, con calma, perché questo in fondo è un Paese meraviglioso, dove si sta bene e la velocità di trasformazione la si lascia volentieri ai foresti che vivono come pazzi nelle loro città dove tutto si consuma in fretta compresa la vita, in ogni caso se cominci a far proclami sul tipo:
Me son al meglio de duti, caschi male perché infrangi la regola del Me che impedisce ad ogni vero graisan di considerare qualcun altro un Me, allora sei fuori.
Faccio notare che sono molte ancora le ragioni per non considerare Graisan un residente che non sia completatamente e indissolubilmente autoctono, non bastano gli anni di residenza.
Eravamo poverissimi, carne da cannone per tutti, ed è vero siamo catto-anarchici, ribelli e malparlanti, ma è la nostra indole, gli orizzonti sono sempre stati limitati e a nessuno conveniva che noi in quanto gente ci si migliorasse intellettualmente, ci hanno sempre manipolato, ma siamo sopravvissuti, siamo sempre rimasti qui e abbiamo un cuore grande, per noltri.
W la graisanità, che in fondo per noi non è una malattia.
Comunque per dare un minimo di soddisfazione al mio amico Lele che ha sposato una gradese purosangue:
io lo considero serenamente uno dei nostri, anche se no l'ha zugao a stinche drio del lavatoio.
6 commenti:
... L'à sposao una graesana e sò pare el xe nato a Gravo ! Stà veghe che desso al ze più graesan de noltri ;-))
nela storia ze vemo piegai ma no spacai.
thor
Bela sodisfasion..............
Graisani no se nasse e no se deventa: se xé
Anche gno pare xe nato a Palmanova e me son nato a Mofalcon, ma no per questo elo xe furlàn e me son bisiaco: semo duti dò graisani!
Cosa dire? non mi resta che prendere in prestito l'aforisma di Checco Zalone: "perché Laggente sa! E ci scambiamo bruttitá..."
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