Per incrociare le dita sul prosieguo (le previsioni volgono al bello per domani e seguenti) dedico il Lunario di Settembre - piccola rubrica in uso sui nostri giornali locali di un tempo - al più lunatico dei nostri poeti dialettali:
Edi Tonon
Fra i molti "eredi" gradesi di Biagio Marin, che non sono poeti, egli si trova proprio nel gruppo ristretto di quei poeti che non sono eredi di Biagio Marin.
Fu un vero figlio di Grado , con pregi e difetti, da prendere o lasciare.
Un talento incredibile per la poesia, le storie.
Una sensibilità straordinaria, che probabilmente lo faceva soffrire, lo ha portato a descrivere con grande ironia tutto quanto lo circondava senza risparmiare neanche se stesso.
L'ha un rie de fantulin deventao vecio
Prima del tempo, l'ha una boca amara,
par quasi che la vita, che i va drio,
per elo, d'ogni ben la fossa avara.
Un giosso curvo, un giosso trascurao,
elo te và coi pie che ponta in fora,
ingrisinio, strensendose al capoto;
d'inverno quando sbusina la buora.
Ma in cuor l'ha sempre un galopà de sogni,
al fogo che dà la poesia,
musiche strane, che la mente sova
comò d'incanto se lo porta via.
E no 'l descrive roba de do lire
O sviolinade eterne su l'amor,
ma fati de la vita, zente vera
lampi de zogia, ombre de dolor.
L'ha duto in quele rime fresche e nove
Lisiere comò vele perse al vento,
severe coi più tristi e coi costumi,
piene d'umanitae, de sentimento.
In elo xé l'odor del tempo antico,
al rie de mamolusse inamorae,
canti velai de gran malincunia,
sieli lontani e un mar de solitae.
"Edi Poeta", qua, duti lo ciama,
che i sovi versi ormai l'ha consacrao,
elo riussa e dopo al te va via
un giorno curvo, un giorno trasognao.
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