19 settembre 1998 - 19 settembre 2014
Il nuovo Monsignore in visita ai bimbi della colonia in Anfora-Portobuso 1960
Un' anniversario triste.
Ricordare una persona defunta è sempre triste, ma Monsignor Fain ha un posto speciale nel mio cuore e in quello di molti "graisani" è giusto che non finisca nel dimenticatoio.
Una Persona straordinaria e predestinata don Silvano Fain arrivato a Grado, senza nessuna baruffa (straordinario), tutto liscio con il diritto di Juspatronatus, apprezzato da tutti e accolto da tutta la popolazione schierata sui moli.
Siamo nel 1957.
Queste le parole di Biagio Marin per quella giornata:
"Ed ecco il corteo imboccare il canale del porto. Anche io ero tra la mia gente, col cuore in tumulto. Ecco sfilare nel sole alto e nella romba solenne dei motori, la barca che portava assiso in trono, il giovane Arciprete. Era tutto vestito di viola; aveva, appesa a una collana d'oro, la croce pettorale come un vescovo, e un'aria assorta e commossa, quasi di vittima sacra.
I miei occhi si velarono, e quasi inconsapevolmente dissi: "Benedictus qui venit in nomine Domini". Non era facile venire tra noi, nel nome del Signore.
Quella massa nera di gente che sotto il sole osannava, era come il suo mare, che cambia facilmente di umore. Pareva che volessero buttarli ai piedi le loro anime.
Ma incerta è la nostra capacità di devozione; ma dubbia la nostra capacità di farci cavi per accogliere la Parola e incarnarla nella quotidianità.
Guardavo al nobile viso, pallido di commozione dell'arciprete. Volentieri lo avrei baciato.
E all'uomo avrei detto: "Grazie fratello per la tua volontà di sacrificio.
Avrai bisogno di tutta la tua fede, di tutta la tua umiltà, di tutta tua capacità d'amore, di tutta la tua giovane forza, per superare la solitudine e l'amarezza di un prossimo domani.
Dio ti assista. Te lo auguro con tutto il cuore; e di ogni tua opera, di ogni bene che farai, fin d'ora ti ringrazio.
Non ti lasciare ingannare dal nostro entusiasmo; dalla nostra capacità di volgere in canto chiaro tutta la vita.
Quella massa nera di gente che sotto il sole osannava, era come il suo mare, che cambia facilmente di umore. Pareva che volessero buttarli ai piedi le loro anime.
Ma incerta è la nostra capacità di devozione; ma dubbia la nostra capacità di farci cavi per accogliere la Parola e incarnarla nella quotidianità.
Guardavo al nobile viso, pallido di commozione dell'arciprete. Volentieri lo avrei baciato.
E all'uomo avrei detto: "Grazie fratello per la tua volontà di sacrificio.
Avrai bisogno di tutta la tua fede, di tutta la tua umiltà, di tutta tua capacità d'amore, di tutta la tua giovane forza, per superare la solitudine e l'amarezza di un prossimo domani.
Dio ti assista. Te lo auguro con tutto il cuore; e di ogni tua opera, di ogni bene che farai, fin d'ora ti ringrazio.
Non ti lasciare ingannare dal nostro entusiasmo; dalla nostra capacità di volgere in canto chiaro tutta la vita.
Siamo marinai e tu della terra ferma; ogni vento ci muove e ci porta via.
Non sappiamo la legge che obbliga alla costanza, alla fermezza.
E sappiamo mordere la mano che ci benefica.
Dio t’aiuti, prete! E la tua lotta contro la nostra morte sia vittoriosa".
Biagio Marin
Là in “sielo de le stele fisse” che recorda i Prelati….si lo vego, al xè la ciaro, trasparente, dal portamento fin, al se caressa le mane, comò de scoldassele e pùo co’ i dii ‘l tormenta al quadrato porpora: “Sia lodato Bonsignor Fain… - “fasè i bravi.. e recordeve, ehmm ricordatevi che avete la mia benedizione”
Leonardo Tognon
UPDATE
Ho ricevuto da un anonimo autore una poesia dedicata a Monsignor Fain e la pubblico:
“ El Monsignor “
‘L xe rivao quà co’l viso d’un fantulin,
duto curioso…
ma no savendo che che ‘l varave catao,
comò ch’ i lo speteva, el sguardo ‘l veva
un giosso timoroso.
De vertasiera, dopo, ‘l xe vignuo co’l tenpo
e i oci ciari s’ha slargao e ‘l cuor s’ha verto
quando ‘l ha capîo che
comò figio de anema ‘i l’ha tolto:
duto contento !
Pian, pian xe diventao anch’ elo “un mamolo”,
più omo de mar che de convento…
e ‘l s’ha missiao tranquilo in tra la zente
co’l stesso fà, sîa stào de ciacolà co’ pescauri
opur, in istesso quasi modo, co’ i comandauri.
Le predeghe che ‘l feva
ciameva senpre zente
e co’ la banda in testa grande le prucission
pe’ dopo de no dî de “La Madona”,
che a Gravo gera duto un rebalton !
Senpre ognidì zogia gera in asilo
e tanta fede in cuor in Casa Serena…
co’l so’ sial nero ghitao in su le spale
le vecie se ‘ngrumeva e stiete
le coreva a la novena.
Cussì, pe’ tanti ani,
‘sto mondo xe stào queto…
e se garghe tenporal in sielo xe passao
poco lassao ‘l ha dani
chè ‘l xe sparîo via stieto.
Un gran silensio ‘desso ‘nte’l paluo
e strae dute deserte quà in paese,
co’ poca zente in Cesa a mormorà preghiere:
comò che xe oni zorno, ‘l tramonto xe rivao
e cô ’l sol calao xe amonte ‘l Signor se l’ ha portao…
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