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11 marzo, 2009
Il Dialetto gradese e l'eredità di Aquileia
È stato troppo spesso detto che il friulano odierno sia il diretto continuatore del latino regionale parlato ad Aquileia.
La cosa potrebbe, in effetti, darsi per scontata senza l'esistenza di Grado con il suo dialetto, sbocciato come un fiore di laguna, mantenutosi incontaminato sino al recente avvento del turismo di massa e che manifesta ancor oggi, integri ed eternati dal suo ormai mitico vate Biagio Marin, ì caratteri di un arcaismo ignoto altrove.
Grazie alla sua periferìcità ma soprattutto alla secolare decadenza, l'apporto di Venezia è del tutto trascurabile, il gradese è uno dei più tipici dialetti veneti.
Nette, all'incontro, sono le divergenze con il friulano, al punto da essere ben superiori che non tra friulano e altri dialetti veneti confinanti.
All'epoca del suo splendore, Aquileia fu indubbiamente la mediatrice della latinità non solo nell'odierno Friuli e nell'Istria, ma in buona parte dell'intera Gallia cisalpina.
L'attrazione culturale da lei esercitata era enorme e valicava i confini delle Alpi raggiungendo il Norico e la Pannonia.
Se vi è però un dialetto che possa più degli altri vantarsi diretto erede della latinità aquileiese, questo non può essere che il gradese e ciò per fin troppo ovvie ragioni storiche ed etniche.
Ma nell'Aquileia di oggi si parla friulano.
Come si spiega tale situazione anomala nel contesto generale dello sviluppo dei dialetti italiani?
Anche qui è la storia a chiarire l'apparente contrasto.
Anzitutto il confine linguistico corrisponde al confine politico che per tanti secoli tenne separata la laguna dal suo retroterra.
Di qua Bisanzio e di là i Longobardi ì quali non vogliono dipendere da un Patriarca suddito dì Bisanzio e insistono perché si ripristini quello di Aquileia.
Il papato, nell'intento di accontentare tutti, lascia al suo posto il patriarca di Grado per i territori soggetti a Bisanzio (da Venezia all'lstria) e crea un doppione per il territorio longobardo.
Ma Aquileia non è che un cumulo di rovine.
1 Longobardi hanno una nuova capitale, Cividale, ed è lì che, dopo una breve dimora a Cormons, risiede il novello patriarca che pur si fregia del titolo di Aquileia.
Più tardi una nuova realtà economica farà ruotare il polo geopolitico a favore di Udine; e sarà da quest'ultima località che specie dopo il Mille si irradierà la friulanilà che nel volgere dì più secoli si espande nella pianura devastata fino all'agro di Concordia amalgamando le rade popolazioni latine residue e quelle alloglotte insediatesi.
Non va dimenticato infatti che la toponomastica ci rivela la presenza di insediamenti slavi disseminati fino alle porte di Pordenone (Sclavons).
L'odierna friulanità di Aquileia ha la sua matrice quindi in una latinità non prettamente autoctona aquileiese ma di rimando.
Per lo meno tre erano infatti gli altri centri romani circonvicini: la medesima Cividale in primo luogo, continuatrice diretta di quel Forum Julii che dette il nome all'intero Friuli, poi a nord Julium Carnicum (l'odierna Zulio) e a occidente Concordia Sagittaria.
Se al friulano è riconosciuto un legame al sostrato carnico, ecco che la divergenza con il gradese, derivato a sua volta dall'aquileiese vero e proprio, appare non solo comprensibile ma addirittura ovvia in quanto pienamente conforme alla norma, considerato che Aquileia, colonia di alleati italici, nacque proprio in funzione di baluardo anticarnico.
Tratto da:
Giuseppe Brancale & Lauro Decarli - Istria, Dialetti e preistoria-
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8 commenti:
caro Ennio,
personalmente dissento completamente da questa analisi lessico-storica. Il dialetto gradese non ha niente da spartire con quello Friulano se non qualche rarissima parola derivata ed adattata.
Il gradese e' un antico dialetto Veneto (non Veneziano) e, pur originando dal latino parlato nell'area della X Regione Romana, ha piu' influenze greco-bizantine che friulane. L'isolamento fisico/geografico dalla terraferma ed il contrasto storico con le popolazioni dell'entroterra Aquileiese ne ha mantenuto la sua originalita', salvo qualche influenza minimale di alcuni vocaboli dovuta ai periodi del dominio Francese e dell'impero Austro Ungarico.
Dopo la II^ guerra mondiale, con la costruzione del ponte, l'influsso turistico, i mezzi di comunicazione di massa, etc. il dialetto ha subito una trasformazione preponderante adeguandosi ai tempi ed alle mode correnti.
Comunque, 'l graisan xe 'l graisan !
...punto e basta.
Non voglio entrare sul tema "storia" però vorrei porre una correzzione all'amico Alien,cioè come diceva il prof.Scaramuzza...'l graizan zè 'l graizan...
Scusate non mi sono firmato.
Teti
Eh, a me tu me lo disi,
al graizan ze al graizan (il Prof Scaramuzza docet),
ma il mio intento non è tanto stabilire che siamo i più belli e i più bravi, questo lo sanno tutti, ma sottolineare la stranezza, di un vicino, Aquileia, che pur trasmettendo la parlata latina con le proprie genti emigrate a Grado nella fase successiva diventa nutrice di una nuova parlata, il friulano, con la storia che, al solito, si divarica dalle realtà locali e, quasi si divertisse, cambia le carte in tavola e lascia a noi poveretti far baruffa su chi ce l'ha più lungo o più corto.
Bello invece che ce ne occupiamo.
Ciao Aldo stammi bene,
Ennio
ciao Ennio,
dal mio pulpito non e' che possa dire molto, pero' volevo solo sottolineare che spesso e volentieri ho trovato superficialita',incorrettezza se non voluta disinformazione in diversi siti web gestiti da 'non gradesi' ...
Evidentemente ad alcuni non siamo simpatici !!!
P.S. per la "s" o la "z" lasciamo il dubbio e/o la scelta al Boerio, all' Ascoli G.I.,al nostro Scaramuzza, a Menego Picolo, al Biagio ...
stame ben e bon lavor !
ciao
Menego picolo e Scaramuzza i usa Z, Biagio e Stiata X.
Neanche i prof docent i xe(ze)
de acordo.
ciao thor
Purtroppo dello Scaramuzza ("Scaramuche")ho molto poco;
comunque il mio riferimento e' la parlata/scrittura di "Menego Picolo",
una persona veramente integrata nella vita paesana di ogni giorno.
Ciao màmuli !
A me il dialetto di Grado mi pare l'ennesima fotocopia del veneziano: spesso dimentichiamo che Venezia per oltre 1000 anni fu l'assoluta dominatrice dell'Adriatico e diffuse la sua lingua in tutte le terre ad essa sottoposte
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