Mauro Marchesan, continua il discorso sul dialetto usato da Menego Picolo e lo fa con una poesia dedicata, utilizzando il diletto antico con un' ottima riuscita, aggiungendo anche la traduzione in italiano corrente per i più pigri.
Un' ottimo e profondo lavoro che evidenzia la divisione della società gradese in bransini e cepe, ma non è detto che il pesce che si presenta meglio sia il migliore.
Caro Enio,
Ti mando questa poesia dedicata a Domenico Marchesini (Menego Picolo).
Menego divideva la società in pesci pregiati (bransini) e quelli che non valevano niente (cepe). Poi c'erano gli sciocchi (corcai) che non avevano il rispetto che si portava invece ai volatili commestibili.
Menego era inoltre ostile ad ogni moda e innovazione che avveniva a Grado perché lui la vedeva come una minaccia al patrimonio linguistico ereditato.
Naturalmente c'è la traduzione, perché questo gravisano arcaico non è scorrevole neanche a noi maturi nativi.
Ciao Mauro Marchesan
BRANSINI E CEPE
(a Menego Piccolo)
A qua de noltri, fra i palassi e le marine,
ze senpre stai òmini de do qualitae,
i bransini, comandauri in te 'l ufissio,
e le cepe in tel laco rebaltae.
'L fante col tanburo e la cantinela
e l' zendarmo co' la mundura ben stiragia,
'l piuvan co' la vesta de la messa
e 'l scartosseto co' la camisa inamidagia.
E se scolta do vernaculi in te l'aria
che i solta de la boca cofà un dente,
un favela in dantin malgraisanao
o 'na stela vespertina fra la zente.
Preché 'l dialeto nostro benedeto
'l se sfregola coi moderni tinpi novi,
e 'na tremansa al cuor me ciapa
co i corcai sensai i fa i vovi.
'L graisan xe 'na criatura bela viva
sbrissolosa e grassa comò un bisato,
dal befe i cortesani de Sa'Marco
i se à robao 'llion e n'à lassao 'l gato.
Me son dasseno un capitan de nave
che nol sta de bando e nol peta busie,
ma che'l respeta la lengua de le casonere
e col veciao fangume 'l inpasta le puisie
SPIGOLE E CHEPPIE
(a Domenico Marchesini)
Qui da noi, fra i palazzi e le marine,
ci sono sempre stati uomini di due qualità,
i branzini, comandanti nel comune,
e le cheppie rovesciate nella melma.
Il messo con il tamburo e la cantilena
e il gendarme con la divisa ben stirata,
il parroco con la tonaca della messa
e il damerino con la camicia inamidata.
E si sentono due vernacoli nell'aria
che saltano dalla bocca come un dente,
una parlata in brutto gradese dantesco
o una stella vespertina fra la gente.
Perché il nostro dialetto benedetto
si sbriciola con i moderni tempi nuovi,
e un tremore mi prende al cuore
quando i stupidi gabbiani fan le uova.
Il gradese è una creatura bella viva
scivolosa e grassa come un'anguilla,
per scherzo i cortigiani di San Marco
si sono rubati il leone e ci hanno lasciato il gatto.
Io sono davvero un capitano di nave
che non sta senza far niente e non rifila bugie,
ma che rispetta la lingua delle casonere
e con la vecchia fanghiglia impasta le poesie.
1 commento:
...senpre forte Mauro !
Posta un commento