Ricevo un commento sul professor Sebastiano Scaramuzza di cui avevo scritto tanto tempo fa -il 23 febbraio 2008- che fa dispiacere vada perso e non letto perchè chiarisce certe situazioni e dicerie sul nostro grande letterato.
Rileggere un blog ormai così vasto come questo è una faccenda complicata e lunga però è bello che qualcuno si prenda la briga di farlo e riportare all'attualità vicende che sembrano sepolte.
Non ho il piacere di conoscere Alessandra Scaramuzza ma le sue parole e il suo cognome fanno pensare sia molto vicina alla famiglia originaria del nostro Sebastiano Scaramuzza e dunque leggiamola:
Devo smentire entrambi.... :-) ...
Non erano tutti i concittadini a definirlo maturlo ma solo 6 RAGAZZINE di 13 ANNI che, nel 1844, avevano visto Sebastiano quindicenne trascrivere ciò che le Sióre Filipate gridavano ad un'altra Sióra durante una lite di strada. (v. "Il mio studio giovanile sulla parlata gradese")
Dagli altri concittadini, sia i poveri pescatori che i preti "studiai" era considerato "Poeto e Filozofo", ed era trattato con molto rispetto, nonché con grande e gioioso affetto quando, da adulto, ritornava temporaneamente nell'isola dal Regno d'Italia. (v."Italicae Res - Vol.1° e Vol.2°).
Per quanto riguarda la "nonna friulana", nata a Isola Gorgo da genitori friulani, rimasta vedova si risposò lasciando il figlio di quattro anni (Giacomo padre di Sebastiano) con la famiglia paterna e morì lontano da lui e da Grado nel 1816.
Per quanto riguarda la frase "Che serve notà quel che za se sà" (nota di chi ha scritto?) servì, servì... All'epoca, di gradese, non c'era nulla di scritto e si cominciò ad interessarsi a questo dialetto proprio grazie alle pubblicazioni del prof Scaramuzza;
infatti il “Wort und Bild”, Rassegna Ufficiale di tutte le lingue e i dialetti dell’impero austroungarico,raccolse e pubblicò i suoi versi in quanto unico esempio scritto di un dialetto parlato nelle lagune austriache dell’Adriatico; inoltre fu solo grazie alle sue ricerche filologiche che il più grande glottologo italiano G.I.Ascoli riuscì a portare a termine i suoi studi sul dialetto gradese, come lui stesso scrisse: «Il rivelatore del dialetto gradese è Sebastiano Scaramuzza, professore emerito di filosofia, ricco di molta e varia dottrina, scrittore immaginoso, patriota ardente. Mercé sua consegue la nostra disciplina, su questa singolare parlata, che è tale da potersi dire piena ed intiera» (v. A.G.I).
Per quanto riguarda la poesia io metterei questa scritta da Sebastiano Scaramuzza poche ore prima di morire...
O dolce nido, stessa vita mia,
Grado gentil, antica, e Grado nova,
l’immagine materna tua si trova
dentro al cor mio, di fronte a l’agonia.
Prima che il labbro mio rimanga muto,
ti mando, o cara, l’ultimo saluto.
A te sorrida sempre Iddio,
o Grado, antica e nova, nido mio!
Ciao!
Alessandra Scaramuzza
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